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Prevediamo che quest’anno le divergenze tra le politiche monetarie delle banche centrali mondiali saranno un tema fondamentale e un probabile propulsore dei flussi di asset. Nei primi mesi del 2015 è sembrato prevalere la tendenza all’allentamento monetario, già messo in atto da 14 banche centrali sotto varie forme, generalmente come tagli dei tassi d’interesse o acquisti di asset[1]. La banca centrale danese è stata particolarmente aggressiva, avendo già tagliato i tassi d’interesse quattro volte nell’arco di tre settimane quest’anno, mentre la Banca centrale europea (BCE) ha annunciato piani di allentamento quantitativo (QE) che ricalcano gli interventi operati dalla Federal Reserve (Fed) e dalla Bank of Japan.
Quando si parla di QE, il termine “allentamento” non è effettivamente una descrizione accurata, poiché in realtà si tratta di un’espansione. La prima fase del programma di creazione di moneta della Fed (QE1) è iniziata alla fine del 2008 in risposta alla crisi finanziaria del settore sub-prime statunitense, ed era mirata all’acquisto di debito governativo, titoli garantiti da ipoteca e altri asset soprattutto da banche in difficoltà per la loro perdita di valore. Il programma era partito con un volume di 600 miliardi di dollari, ma la ripresa economica attesa e la fine della stretta creditizia non si realizzarono come previsto. Nel 2010 fu così lanciato il QE2, seguito due anni dopo dal QE3, motivato dall’esigenza sempre più esasperata dei responsabili politici di generare il necessario stimolo economico. Complessivamente sono stati immessi sul mercato più di 4 trilioni di dollari (USD), un importo quasi equivalente a quello delle riserve valutarie cinesi e al sestuplo del piano originario. Il risultato è stato la triplicazione del bilancio della Fed.
A mio giudizio, l’elemento più importante da notare è che in quegli anni gli Stati Uniti non sono stati l’unico paese a lanciare tale programma. Il Regno Unito ha, infatti, lanciato nel 2009 un programma da 75 miliardi di sterline (circa 120 miliardi di dollari), gradualmente ampliato sino a 375 miliardi di sterline (circa 600 miliardi di dollari). Il bilancio della Bank of England è quadruplicato e il governo ha utilizzato la nuova moneta per riacquistare il proprio debito. Il miglioramento delle condizioni economiche negli Stati Uniti e nel Regno Unito ha ora spostato il dibattito in questi mercati sulle tempistiche della conclusione di tali politiche e di potenziali futuri aumenti dei tassi d’interesse.
Mentre negli Stati Uniti e nel Regno Unito si assiste a una progressiva decelerazione dell’allentamento, in altri paesi osserviamo una sua accelerazione. A ottobre 2014 la Bank of Japan ha ampliato le misure di politica monetaria, portando gli acquisti di asset a ¥ 80 trilioni annuali (USD 674 miliardi), nell’intento di combattere la deflazione e superare anni di stagnazione economica, per cui alcuni hanno definito tali misure “allentamento quantitativo e qualitativo”, o “QQE”.
L’eurozona continua a soffrire per le conseguenze dei problemi di debito sovrano e di un periodo protratto di crescita anemica, in combinazione con effetti collaterali deflazionistici. A gennaio, la BCE ha così messo in atto un QE analogo a quelli statunitense e giapponese annunciando piani di acquisto di obbligazioni per quasi 1 trilione di euro a partire da marzo, sottolineando l’intenzione di iniettare liquidità nei mercati.
Anche nei mercati emergenti abbiamo notato alcune divergenze a livello di politica, ma nella fase attuale l’orientamento generale sembra volgere a favore dell’allentamento. Esaminiamo ora alcune recenti misure fondamentali in termini di politica e i principi su cui si basano.
Cina (allentamento)
Dopo l’inatteso taglio dei tassi d’interesse operato a novembre dello scorso anno, il 4 febbraio la People’s Bank of China (PBOC) ha tagliato i coefficienti di riserva obbligatoria (RRR) di 50 punti base (0,50%), con l’obiettivo di creare un’offerta di moneta pari a un importo stimato di 600 miliardi di yuan (USD 96 miliardi). La PBOC ha inoltre annunciato un altro taglio di 50 punti base dell’RRR per le istituzioni finanziarie minori concentrate sulle micro imprese e sui finanziamenti all’agricoltura, oltre a un taglio dell’RRR di 400 punti base (4%) per l’Agricultural Development Bank of China (ADBC). Il governo spera che queste misure sostengano l’economia in un contesto attualmente caratterizzato da dati più deboli del previsto, quale per esempio l’indice dei responsabili degli acquisti (PMI), un parametro produttivo chiave, che a gennaio 2015 è sceso sotto 50. Il governo cinese ha dichiarato che il prodotto interno lordo (PIL) nel 2014 è complessivamente aumentato del 7,4% su base annua, rispetto all’aumento del 7,7% nel 2013. Come Templeton Emerging Markets Group non siamo preoccupati per un rallentamento della crescita cinese e riteniamo che una crescita superiore al 7% per un’economia di tali dimensioni appaia piuttosto robusta. Ciò nonostante, la PBOC intende chiaramente garantire che la Cina rimanga uno dei motori della crescita globale e non ci sorprenderebbero altre misure di allentamento nel corso del 2015.
India (allentamento)
Malgrado la robusta crescita del PIL, anche l’India ha adottato una politica di allentamento. Una revisione del metodo utilizzato per calcolare i dati dei conti nazionali, che avvicina le statistiche PIL indiane agli standard globali, ha determinato una significativa correzione verso l’alto degli ultimi dati relativi al PIL del paese. Secondo recenti dichiarazioni del governo indiano, il PIL è aumentato del 6,9% su base annua per l’esercizio fiscale chiuso a marzo 2014, rispetto al precedente 4,7%. Analogamente, la crescita per l’esercizio 2012-13 è stata corretta al rialzo al 5,1% su base annua rispetto al 4,5%.
A gennaio, la Reserve Bank of India ha sorpreso i mercati tagliando il tasso d’interesse di riferimento di 25 punti base (0,25%) e portandolo al 7,75%. L’attenuazione delle pressioni inflazionistiche ha indotto la Banca a ridurre i tassi d’interesse nell’ambito delle misure intese a stimolare la crescita economica. Il 3 febbraio, il coefficiente di liquidità obbligatoria (che misura la percentuale di depositi a vista e passività che le banche devono detenere come riserva) è stato ridotto al 21,5% per incoraggiare le banche a concedere prestiti. Sebbene a dicembre 2014 l’indice indiano dei prezzi al consumo fosse salito al 5,0% su base annua rispetto al minimo record del 4,4% di novembre, la percentuale è rimasta significativamente inferiore all’8,8% registrato a gennaio 2014, favorendo in un certo qual modo la politica di allentamento. Il Governatore della Reserve Bank of India Raghuram Rajan ha dichiarato che il calo dei prezzi del petrolio ha frenato la minaccia d’inflazione nel paese e ha prospettato la possibilità di altri successivi tagli dei tassi d’interesse.
Russia (allentamento)
A gennaio, la banca centrale russa ha inaspettatamente ridotto al 15% il tasso d’interesse di riferimento, tagliandolo di 200 punti base (2,0%) per sostenere l’economia interna. A dicembre, la banca aveva già alzato i tassi d’interesse dal 10,5% al 17% nell’ambito delle misure intese a stabilizzare il rublo russo e a contrastare le pressioni inflazionistiche. In quel mese infatti l’inflazione era salita a livelli che non si erano toccati da più di cinque anni, sostanzialmente a causa dei rincari dei generi alimentari, mentre l’indice dei prezzi al consumo era balzato all’11,4% su base annua rispetto al 9,1% di novembre. Negli ultimi due mesi, il governo ha annunciato una serie di misure del controvalore di almeno USD 35 miliardi volte ad arginare la crisi economica nel paese. Tra queste figurano una ricapitalizzazione del sistema bancario per USD 15,7 miliardi e un’iniezione di capitali per USD 4,7 miliardi nella banca di sviluppo statale, che le avrebbero consentito di aumentare i finanziamenti a sostegno dell’economia interna. È chiaro che la Russia deve ancora far fronte a una serie di problemi che non si possono risolvere solo con la politica monetaria. A gennaio, l’agenzia internazionale di rating Standard & Poor’s ha declassato il rating del credito sovrano del paese da BBB- a BB+, un livello inferiore a investment grade, adducendo tra le ragioni il peggioramento della qualità degli asset del sistema finanziario conseguente all’indebolimento del rublo, al limitato accesso ai mercati dei capitali internazionali causato dalle sanzioni e alla probabilità di una recessione economica nel 2015.
Turchia (allentamento)
A gennaio, la Banca centrale turca ha tagliato di 50 punti base (0,5%) il tasso d’interesse di riferimento portandolo al 7,75% in quanto le pressioni inflazionistiche si sono ridotte sulla scia del calo dei prezzi del petrolio. A dicembre, l’indice dei prezzi al consumo è sceso all’8,2% su base annua rispetto al 9,2% di novembre. La Turchia deve confrontarsi con varie problematiche. Il deficit di bilancio del governo centrale è aumentato di oltre il 20% su base annua salendo a USD 9,9 miliardi nel 2014 e secondo il Ministero dell’Economia turco, il deficit delle partite correnti per il 2014 è stato di USD 45,8 miliardi, in calo rispetto a USD 64,7 miliardi del 2013.
Brasile (politica monetaria restrittiva)
Il Brasile vorrebbe probabilmente registrare alcune delle pressioni deflazionistiche subite da Giappone e BCE: l’indice brasiliano dei prezzi al consumo è infatti salito al 6,4% nel 2014, il livello più elevato dal 2011 e superiore all’obiettivo della banca centrale. Una causa significativa è stata la svalutazione del real brasiliano che nel 2014 è sceso dell’11% rispetto al dollaro statunitense[2]. Nonostante la stagnante crescita economica in Brasile, le preoccupazioni per l’inflazione hanno indotto la banca centrale ad aumentare il tasso d’interesse di riferimento di 50 punti base (0,5%) portandolo il 21 gennaio al 12,25% (terzo aumento consecutivo), il livello più alto da agosto 2011. La fiducia dei consumatori è scesa recentemente al minimo dal 2005, in quanto i brasiliani hanno mostrato timori crescenti per la preoccupante combinazione di aumento dei prezzi e debolezza del mercato del lavoro. Nel 2014, il saldo di bilancio primario del settore pubblico ha registrato il primo deficit da oltre un decennio. Il minore gettito fiscale e la maggiore spesa governativa in previsione delle elezioni presidenziali a ottobre si sono tradotti in un deficit di USD 13,8 miliardi, equivalente allo 0,6% del PIL. Per far fronte alla crisi fiscale del governo, il Ministro delle Finanze Joaquim Levy ha annunciato una serie di misure, tra le quali aumenti delle imposte sui carburanti, il credito e le importazioni nonché la fine delle agevolazioni fiscali per le autovetture.
Quadro complessivo: implicazioni degli investimenti
A mio giudizio, i programmi di allentamento messi in atto dalle principali banche centrali mondiali potrebbero aver contribuito a stimolare l’economia, ma sotto molti aspetti hanno anche consentito alle banche di evitare di prendere decisioni dure in merito alle loro sofferenze. Gran parte del denaro teoricamente destinato al mercato è rimasto per il momento nei bilanci delle banche, un risultato deludente per le banche centrali il cui obiettivo era quello di indurre gli istituti bancari a riprendere a concedere finanziamenti rivitalizzando così le economie.
I bassi tassi d’interesse che osserviamo in tutto il mondo attualmente danneggiano i pensionati e chi mantiene regolarmente i risparmi in depositi bancari, mentre ne hanno beneficiato in generale gli investitori azionari. Molti risparmiatori che sono stati penalizzati dai bassi tassi d’interesse potrebbero risentire negativamente di altri problemi conseguenti a queste manovre di allentamento, ossia elevata inflazione e bolle speculative. Il recente calo del prezzo del petrolio ha contribuito a fornire una protezione, ma non ci aspettiamo che resti a livelli così bassi nel lungo termine. Sono inoltre emerse preoccupazioni per le “guerre valutarie” scaturite da tutte le manovre di allentamento, dato che i paesi lottano per indebolire le loro monete allo scopo di rafforzare la crescita delle esportazioni.
Al momento riteniamo che le misure di allentamento più recenti di Giappone, BCE, Cina, India e altre banche centrali dovrebbero compensare le preoccupazioni per i potenziali aumenti dei tassi d’interesse previsti quest’anno da parte della Fed e probabilmente anche da altre banche centrali. Crediamo che esse continueranno a immettere liquidità nei mercati e prevediamo che questo possa favorire gli afflussi nei mercati azionari di tutto il mondo, in quanto gli investitori sono alla ricerca di rendimento. Staremo tuttavia attenti a potenziali ripercussioni.
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