Investire nei Mercati Emergenti

Prospettive

Nell’ultimo trimestre del 2018 i mercati emergenti lasciano indietro i mercati sviluppati

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Nel 2018 molte incertezze hanno pesato sul sentiment degli investitori, determinando un anno di ribassi per i mercati emergenti complessivamente considerati, nonostante alcune loro sovraperformance nel quarto trimestre rispetto ai mercati sviluppati. Manraj Sekhon, CIO di Franklin Templeton Emerging Markets Equity e Chetan Sehgal, Senior Managing Director e Director of Portfolio Management, presentano la panoramica dell’universo dei mercati emergenti nel quarto trimestre del 2018, elaborata dal team, unitamente alla loro prospettiva attuale.

Tre fattori sui cui riflettere oggi 

  1. A dicembre la Federal Reserve statunitense (Fed) ha innalzato il suo tasso di interesse chiave di 25 punti base, il quarto incremento nel 2018, in linea con le aspettative del mercato. Sebbene la Fed abbia ridotto le proprie prospettive di inflazione e di crescita del prodotto interno lordo (PIL) degli Stati Uniti, ha continuato a osservare una crescita relativamente robusta dell’economia statunitense. Sono state abbassate anche le proiezioni dei rialzi dei tassi d’interesse negli Stati Uniti per il 2019 e a più lungo termine, con due aumenti dei tassi attesi per il 2019. Sebbene i rialzi dei tassi di interesse – per definizione – esercitino pressioni sulle aspettative di crescita e di inflazione, questo non si limita esclusivamente ai mercati emergenti (ME) e la maggior parte degli indici di indebitamento sono nettamente più alti nel mondo sviluppato. I ME stanno complessivamente registrando avanzi delle partite correnti, tassi di cambio fluttuanti e una ridotta dipendenza dal finanziamento del debito in dollari statunitensi. Tuttavia quelle economie (e società) emergenti che perseguono politiche meno prudenti sono state punite pesantemente dai mercati finanziari. Gli investitori stanno operando una distinzione sempre maggiore tra vincitori e perdenti, il che presenta opportunità per la gestione attiva.
  1. Negli ultimi mesi la solidità del dollaro statunitense ha catalizzato l’attenzione sul calo dei prezzi delle materie prime e ha intaccato l’entusiasmo degli investitori per i mercati emergenti, alimentando timori che il clima attuale possa condurre a una replica della Crisi finanziaria asiatica (CFA) del 1997-1998. Riteniamo tuttavia che queste preoccupazioni siano in gran parte eccessive, in quanto gli ultimi due decenni di importanti riforme finanziarie hanno trasformato i mercati finanziari dell’Asia emergente. A 20 anni dalla CFA, riteniamo comunque che in molti ME il panorama economico sia fondamentalmente più robusto di allora. La nostra esperienza ci suggerisce che gli investitori dovrebbero concentrarsi meno su cosa sta accadendo negli Stati Uniti e più sugli sviluppi in atto nei paesi stessi. In molti casi, i ME hanno imparato dalle crisi passate a consolidare le proprie politiche e la governance. Rispetto a decenni fa molte economie dei ME sono inoltre meno dipendenti dalle materie prime, i cui capricci dei prezzi hanno assunto pertanto meno importanza. Eventuali variazioni della politica statunitense potrebbero naturalmente danneggiare i paesi dei ME con un elevato debito esterno. Tuttavia abbiamo osservato un cambiamento generale. La politica monetaria asiatica non è più fortemente correlata ai tassi d’interesse statunitensi e ha una maggiore dipendenza dalla crescita e dalle condizioni di inflazione locali.
  1. Il recente calo dei prezzi petroliferi ha contribuito ad allentare le pressioni sulla rupia indiana, sul disavanzo delle partite correnti e sull’inflazione. Anche l’economia indiana continua a registrare un buon andamento: gli investimenti governativi effettuati tramite le spese per le infrastrutture hanno registrato risultati soddisfacenti, gli investimenti delle società che implicano un’espansione delle capacità sono in graduale aumento e a nostro parere anche gli investimenti delle famiglie stanno migliorando. Il consumo continua a rimanere robusto. Di recente l’India ha attraversato un periodo difficile in cui le banche ombra, generalmente definite società finanziarie non bancarie (BNFC) hanno avuto problemi di liquidità, i quali hanno sollevato timori di rischio sistemico e di liquidità nell’intero sistema finanziario. Da allora la liquidità si sta normalizzando, così come i flussi di credito. Sebbene le imminenti elezioni potrebbero temporaneamente incidere sul clima di fiducia, non prevediamo un impatto significativo sull’economia interna. La nostra valutazione del quadro macroeconomico e dei fondamentali societari (con una persistente accelerazione della ripresa economica e della crescita degli utili societari) sostiene pertanto la nostra favorevole convinzione a lungo termine relativamente al mercato indiano.

Prospettive 

La debolezza delle azioni dei ME è stata causata principalmente dalle tensioni commerciali e sebbene le esportazioni restino un propulsore chiave della crescita di tali mercati, esse sono sempre più indirizzate verso altre economie emergenti; l’importanza relativa dei mercati sviluppati è diminuita. Analogamente, nella generazione della crescita economica i settori del consumo e della tecnologia hanno assunto ruoli sempre più di spicco; i ME sono diventati più orientati a livello domestico. Sebbene i dazi giungano indubbiamente in un momento difficile per la Cina, che sta cercando di ridurre l’indebitamento della sua economia, l’impatto sarà percepito anche a livello globale.

Nonostante il rallentamento della crescita globale, si continua generalmente a prevedere che i ME conseguiranno una crescita economica più rapida rispetto ai mercati sviluppati (MS) nel 2019 e nel prossimo futuro. Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) prevede per i ME una crescita del 4,7% nel 2019, più del doppio della stima del 2,1% per i MS.[1] Dopo essersi deprezzate nel 2018, le valute dei ME sono relativamente a basso costo e sono tornate ai livelli del 2001-2002. Nel 2019 ci attendiamo pertanto di osservare una ripresa.

Le valutazioni dei ME sono diventate sempre più allettanti grazie all’indebolimento della fiducia (e della performance); tuttavia i flussi di cassa e gli utili rimangono generalmente solidi. La crescita degli utili dei ME dovrebbe superare quella degli Stati Uniti e dei MS, riprendendo la tendenza osservata nel 2017. Queste condizioni, se unite ad una migliore governance societaria che includa pagamenti di dividendi e riacquisti azionari, presentano per noi un’opportunità di acquisto a lungo termine sempre più attraente e dovrebbero contribuire a un rinnovato ottimismo relativamente all’asset class dei ME.

Sviluppi e tendenze dominanti nei mercati emergenti 

Nel quarto trimestre i titoli azionari dei ME hanno evidenziato un calo, sebbene abbiano sovraperformato le loro controparti dei MS. I timori per la crescita economica globale, per i rialzi dei tassi d’interesse statunitensi e per le relazioni commerciali tra Stati Uniti e Cina hanno alimentato la volatilità dei mercati nel corso del periodo, così come è accaduto per gran parte del 2018. L’anno si è rivelato impegnativo per i mercati globali complessivamente considerati e i titoli azionari dei ME hanno perso più terreno rispetto a quelli dei MS. L’indice MSCI Emerging Markets ha ceduto il 7,4% nel corso del trimestre, rispetto a un calo del 13,3% evidenziato dall’Indice MCSI World, entrambi in dollari statunitensi. 

Gli eventi più importanti nei mercati emergenti in questo trimestre 

  • Nel quarto trimestre i titoli azionari asiatici hanno registrato una battuta d’arresto; a livello regionale le maggiori perdite sono state evidenziate da Pakistan, Taiwan e Corea del Sud. La salute finanziaria del Pakistan si è indebolita e il governo ha chiesto aiuti finanziari al FMI. Gli indici fortemente incentrati sulla tecnologia di Taiwan e della Corea del Sud sono stati ostacolati dalla debolezza dei titoli tecnologici. Per contro, i mercati dell’Indonesia, delle Filippine e dell’India hanno registrato un progresso, sostenuti dalla solidità delle valute locali. La rupia indonesiana e il peso filippino si sono apprezzati sulla scia dell’intervento delle banche centrali mirato a sostenere le valute nei confronti del dollaro statunitense. Anche la rupia indiana si è apprezzata, in quanto il calo dei prezzi del petrolio ha attenuato le preoccupazioni circa il disavanzo commerciale della nazione importatrice di petrolio.
  • L’America Latina è stata l’unica regione dei ME a chiudere il mese con un guadagno marginale, esclusivamente a causa della forte performance del mercato brasiliano nel mese di ottobre. In Brasile i prezzi delle azioni sono saliti sull’onda della vittoria di un candidato più favorevole ai mercati, nonché a seguito dell’apprezzamento del real brasiliano. Per contro, il Messico e la Colombia hanno registrato cali a due cifre. L’aumento dell’incertezza politica ed economica e i rialzi dei tassi d’interesse, dovuti in parte alle maggiori pressioni inflazionistiche, hanno pesato sul sentiment degli investitori in Messico. Il calo dei prezzi del petrolio e il deprezzamento del peso colombiano hanno inciso negativamente sul mercato della Colombia.
  • I mercati emergenti hanno perso terreno, laddove Grecia, Russia e Repubblica Ceca hanno evidenziato una particolare debolezza. Per contro, Ungheria e Turchia hanno tenuto grazie ai guadagni precedenti, chiudendo il trimestre con rendimenti positivi. Prezzi del petrolio più bassi e aumento del rischio geopolitico hanno pesato sui prezzi azionari in Russia. A novembre il mercato turco ha beneficiato di un guadagno a due cifre, dopo una significativa debolezza all’inizio dell’anno dovuta all’attenuarsi delle tensioni politiche, con conseguente apprezzamento della lira turca. Il mercato sudafricano ha registrato un calo, ma la sua performance è stata relativamente migliore rispetto alle sue controparti dei ME. L’economia sudafricana è tornata a crescere nel terzo trimestre del 2018, dopo due trimestri consecutivi di contrazione.
  • Nell’ultimo trimestre dell’anno i mercati di frontiera hanno registrato una correzione, pur evidenziando risultati migliori rispetto alle loro controparti globali. Tra i mercati più deboli vi sono stati Lituania, Romania e Tunisia, ma anche Vietnam e Kenya hanno sottoperformato. I timori per il commercio globale e il debole clima di fiducia del mercato hanno pesato sui prezzi delle azioni del Vietnam nonostante i dati positivi sugli utili e la robusta crescita del PIL. Sri Lanka, Libano ed Estonia hanno invece registrato risultati in controtendenza, chiudendo in positivo il periodo trimestrale. Nello Sri Lanka gli investitori sono rimasti ottimisti nonostante la persistente instabilità politica e la debolezza della rupia del paese.

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Quali sono i rischi?

Tutti gli investimenti comportano rischi, inclusa la possibile perdita del capitale. Il valore degli investimenti può subire rialzi e ribassi; di conseguenza, gli investitori potrebbero non recuperare l’intero ammontare del proprio investimento. Gli investimenti esteri comportano rischi particolari quali fluttuazioni dei cambi, instabilità economica e sviluppi politici. Gli investimenti nei mercati emergenti, un segmento dei quali è costituito dai mercati di frontiera, implicano rischi più accentuati connessi con gli stessi fattori, oltre a quelli associati alle dimensioni minori dei mercati in questione, ai volumi inferiori di liquidità ed alla mancanza di strutture legali, politiche, economiche e sociali consolidate a supporto dei mercati mobiliari. I rischi associati ai mercati emergenti sono generalmente amplificati nei mercati di frontiera poiché gli elementi summenzionati (oltre a vari fattori quali la maggiore probabilità di estrema volatilità dei prezzi, illiquidità, barriere commerciali e controlli dei cambi) sono di norma meno sviluppati nei mercati di frontiera. I prezzi delle azioni subiscono rialzi e ribassi, talvolta estremamente rapidi e marcati, a causa di fattori che riguardano singole società, particolari industrie o settori o condizioni di mercato generali. I prezzi delle obbligazioni si muovono di norma in direzione opposta a quella dei tassi d’interesse. Di conseguenza, a mano a mano che i prezzi delle obbligazioni detenute in un portafoglio d’investimento si adeguano ad un aumento dei tassi d’interesse, il valore del portafoglio può diminuire.

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[1] Fonte: Fondo Monetario Internazionale, World Economic Outlook Database, ottobre 2018

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